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Una vita a bilancio positivo

Tempo di lettura: 5 minuti

Avete mai riflettuto se il vostro stile di vita ha realmente un bilancio positivo sul pianeta? Ecco, in questo articolo vorrei illustrare il mio pensiero riguardo all’argomento.

Il tema qui trattato non riguarda prettamente l’ingegneria civile, tuttavia credo che gli spunti possano essere sufficientemente interessanti da essere qui condivisi.

Il problema

La domanda è relativamente facile: come faccio a condurre uno stile di vita che non possa peggiorare (e se possibile migliorare) le condizioni del pianeta nel quale viviamo?

Se la domanda è relativamente semplice, la risposta non lo è sicuramente altrettanto. Anzi, ho voluto scrivere il mio pensiero proprio perchè non avevo trovato una risposta a mio parere convincente. Solo recentemente ho trovato un approccio al problema che mi ha convinto e che mi ha dato l’input per scrivere questo articolo. Il testo a cui faccio riferimento è questo: Effective altruism and living a net-positive life. Ne consiglio vivamente la lettura: è un articolo che va letto con molta, molta calma e quindi consiglio di farlo un giorno in cui siete, come dire, predisposti a letture di questo tipo.

Comunque, per rispondere alla domanda, molti diranno che è sufficiente condurre uno stile di vita limitando gli sprechi (magari cercando di andare più spesso in bicicletta), cercare di ridurre il più possibile gli sprechi di acqua e di energia, riciclare il più possibile, evitare l’uso della plastica, diminuire (o aumentare) di qualche grado il termostato ambiente e così via… certo, mediamente questi sono buoni consigli, ma credo che non siano sufficienti per risolvere realmente il problema. O comunque non si inquadra il problema in termini quantitativi (quanto è grande il problema e quanto le mie azioni contribuiscono a risolverlo).

Credo che sia quindi necessario inquadrare il problema in modo quantitativo e, per farlo, è necessario anzitutto definire un metodo per misurarlo.

Come misurare il problema

L’impatto ambientale di una qualsiasi azione o di un prodotto, seguendo l’articolo citato inizialmente, potrebbe essere misurato secondo le seguenti grandezze:

  1. CO2: questo parametro è facilmente comprensibile, si tratta della quantità di anidride carbonica emessa in atmosfera
  2. ACQUA: si tratta della quantità di acqua utilizzata
  3. RIFIUTI PRODOTTI: quantità di rifiuti prodotti
  4. CONSUMO DI CIBO NON ETICO: si tratta quantificare il consumo di cibo classificato come non etico, quindi ad esempio allevamenti intensivi
  5. EMISSIONI NOCIVE IN ATMOSFERA: questo punto è relativo alla quantità di emissioni nocive prodotte in atmosfera (senza contare la CO2)
  6. CONSERVAZIONE DELLE BIODIVERSITÀ: con questo aspetto si quantifica l’aumento dell’estinzione delle specie presenti in natura. Tra tutti, credo che questo sia il più difficile da quantificare (ma non impossibile)

Questo elenco sicuramente non è completo, ad esempio si potrebbe aggiungere qualcosa relativo al consumo di risorse naturali in senso stretto (come il silicio per i circuiti elettronici), per non parlare dell’energia vera e propria, che però sarebbe un tema da trattare a parte. E sicuramente un esperto del settore potrebbe definire ulteriori aspetti.

Ma il punto non questo, il punto è definire degli aspetti che aumentano l’impatto ambientale e che tali aspetti siano misurabili.

Il passaggio successivo è quello quindi di quantificare, per ogni azione o per ogni prodotto comprato, la quantità di “impatto ambientale” prodotto. Ad esempio, se per andare a lavoro in macchina produco 0,01 t di CO2, tale valore va ad aumentare il parametro relativo alla CO2; ma non solo, per farmi la doccia si consumano mediamente 25-40 l di acqua e pertanto tale valore va a incrementare la quantità di acqua consumata. Un piatto di alette di (deliziose) alette di pollo aumenta invece il consumo di cibo non etico, la quantità di acqua (perchè per produrre tali alette è stata consumata dell’acqua) e probabilmente altro che non conosco.

Alla fine si ottiene una tabella, che esprime l’impatto ambientale secondo i vari aspetti elencati. Mi piace pensarla simile a quella che esplicita i valori nutrizionali per ogni prodotto alimentare. Sarebbe carino che sulla confezione del latte ci fosse anche un’indicazione sulla quantità di CO2 emessa, acqua consumata e rifiuti prodotti per avere quella confezione di latte, no? Ecco una cosa simile.

Per quantifcare tali valori, sono a disposizione  diversi strumenti sulla rete come ad esempio Carbon Footprint, che calcola la quantità di CO2 emessa per una varietà di azioni (da notare, su questo sito, la quantità di emissioni secondarie, che superano di gran lunga quelle primarie). Per gli altri aspetti, l’acqua è abbastanza facile da calcolare e comunque esistono metodi che possono aiutare come Water Footprint Calculator. Per i rifiuti prodotti, anche qui esistono dei siti che possono aiutare e comunque sarebbe sufficiente fare una stima in base ai rifiuti effettivamente prodotti.

Per quanto riguarda gli altri aspetti (consumo di cibo non etico, emissioni nocive e conservazione delle biodiversità) la quantificazione diventa più complessa, ma comunque è possibile procedere con una stima, anche sommaria. Certo, calcolare quanto un’azione impatti sulla biodiversità è complesso, però qualche ragionamento è possibile farlo e l’articolo che ho citato inizialmente prova a farlo.

Come passare a impatto positivo

Ok, introdotto un sistema di misura per quantificare “l’impatto ambientale”, il prossimo passaggio è capire come ridurre tale impatto.

Normalmente, si consiglia di condurre uno stile di vita che produca meno impatto ambientale come ad esempio utilizzare meno l’auto e più la biciletta, evitare sprechi di energia spegnendo la luce o il led della TV, consumare meno acqua…ok, questi consigli vanno bene, ma sono sufficienti?? Quanto riduco le mie emissioni di CO2 se utilizzo la bicicletta invece dell’auto? Quanta energia risparmio se spengo il led della televisione? Ecco, facendo dei rapidi calcoli si noterà che tali azioni non riducono di molto l’impatto ambientale prodotto. Quindi queste azioni vanno bene, ma, personalmente, ritengo che non facciano la differenza.

Ci sono altri metodi quindi? Sì, esistono dei metodi più efficaci per ridurre l’impatto ambientale e questo è proprio il concetto chiave. Per esempio, se voglio ridurre la quantità di CO2 emessa posso piantare un albero. Sarebbe una cosa positiva, ma non tutti possono permettersi di piantare alberi o magari non sono in grado di farlo. E comunque un albero piantato non farebbe molta differenza e richiederebbe relativamente molto impegno. Un’azione più efficace, invece, è quella di finanziare delle associazioni che si impegnano a piantare alberi.

Cool Earth sostiene che ogni dollaro e 34 cents donati permette di risparmiare 1 tonnellata equivalente di CO2. Facendo un rapido conto, si può notare che è sufficiente un piccolo impegno economico per diventare a impatto zero (o positivo) in termini di CO2 emessa. Questo grazie all’economia di scala (curioso che tale economia sia la principale responsabile dell’attuale situazione climatica ndr). Questo concetto è espesso bene anche nel sito di 80.000ore (concetto di laverage).

Per estensione, si può ragionare allo stesso modo per gli altri aspetti legati all’impatto ambientale. Per diminuire il consumo di acqua potabile, posso finanziare associazioni che si impegnano a potabilizzare l’acqua in modo naturale, per diminuire il consumo di rifiuti prodotti posso finanziare associazioni che si impegnano nel riciclo o riutilizzo dei materiali e così via. Il concetto è quello che esistono modi più efficaci rispetto a quello di ridurre l’impatto ambientale in prima persona (che comunque è una cosa positiva). Certo, si può discutere sulla reale efficacia di alcune associazioni, ma non è questo il punto e comunque ci sono sicuramente persone più indicate per farlo rispetto al sottoscritto. Anzi, potrebbe esistere una sorta di controllo dell’operato di queste associazioni da parte dello Stato, il che aiuta a introdurre il prossimo concetto.

E se il bilancio positivo fosse incentivato a livello governativo?

Abbiamo quindi capito come si potrebbe condurre uno stile di vita a impatto zero, o meglio ancora a impatto positivo. E questo concetto si può applicare a livello di singolo individuo o nucleo famigliare. Rimarrebbe comunque un’iniziativa di tipo volontario, non obbligatorio, e ho vissuto abbastanza per capire che se non c’è un obbligo, o meglio ancora un interesse economico, difficilmente le persone si impegnano realmente.

Ecco quindi che qui un ente pubblico (Comune, Provincia, Regione o Stato) potrebbe fare la differenza. Potrebbe, per esempio, incentivare un comportamento impatto positivo con riduzioni di tassazione. Ad esempio, un’azienda potrebbe diventare a impatto positivo finanziando associazioni come quelle sopracitate e in cambio lo Stato potrebbe ridurne la tassazione. Si potrebbe obiettare che in questo modo si avrebbero meno entrate a livello governativo; se le associazioni fossero controllate, tuttavia, da un ente pubblico, si tratterebbe semplicemente di uno spostamento di denaro, e quindi non di riduzione. In più se le aziende fossero controllate da un ente pubblico, ci sarebbe maggior controllo anche sull’effettivo operato di queste.

Conclusioni

Abbiamo visto come si può misurare l’impatto ambientale in modo quantitativo e soprattutto abbiamo visto come ottenere un impatto bilancio positivo in termini di impatto ambientale, in modo efficace. Abbiamo visto infine come lo stesso approccio potrebbe essere esteso a livello di governo (centrale o locale).

Vaneggiamenti? Sogni? Utopie? Forse, però io credo che questo approccia sia percorribile, soprattutto a livello di singolo individuo. Io ci provo e spero di non essere il solo.

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Fabbro Massimo

Si occupa prevalentemente di appalti pubblici, gestione del patrimonio di proprietà di un ente pubblico e della sua manutenzione. E’ appassionato di nuove tecnologie.
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